Un brusco risveglio al ritorno dalle vacanze

in #ita7 years ago

Un rumore mi riempie la testa. Prima lontano, poi sempre più vicino, più forte, più fragoroso… Non ero più abituato a questo fracasso infernale, eppure automaticamente allungo il braccio, un clic e torna la quiete. Prima di aprire gli occhi, devo fare mente locale: sono a casa, le 7:30, la sveglia mi catapulta nel mondo reale. È passata solo una settimana, ma mi sembrava di non sentire quel suono molesto da una vita.
Per chi vive lontano da casa non è mai facile: luoghi che hai frequentato tutta la vita, che trovavi ormai noiosi, privi di emozione nel loro essere ogni giorno sempre uguali, diventano adesso qualcosa a cui aggrapparti, che risveglia lontani ricordi, ne riesci a cogliere sfumature mai notate prima; non esiste un angolo del paese, un edificio, un albero che non riporti alla mente un aneddoto, un istante, le prime avventure da bambino, i primi amici.

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Già, gli amici, quelli con cui ti scrivi una volta al mese, ma è come se non vi foste mai lasciati, quelli delle epiche sfide di calcio “grandi contro piccoli”, un paio d’anni di differenza che, quando ne hai 12, ti senti come Davide contro Golia. Sappiamo tutti però come andò a finire...

In un famoso film si diceva: “Chi visita il Sud piange due volte: quando arriva e quando riparte”. Giusto, e dal mio punto di vista, quello di chi è dovuto andare via e ritorna per le ferie, sono chiare anche le motivazioni: quando torni, quella singola volta all’anno, piangi perché vedi che poco o nulla è cambiato, la vita si trascina lenta e stanca, le lamentele sono quelle di sempre: la crisi, il sud, non c’è lavoro, “qua n’c st’c nind”. Quando vai via, piangi perché lasci un pezzo di cuore dietro di te, la tua terra, la tua infanzia, la tua famiglia: ciò che ti rimane è solo la sensazione di nostalgia mista a rabbia per non aver trovato il modo di restare lì, con loro, a combattere e migliorare. Pensieri che quel maledetto rumore, che io paragono al gracchiare di un corvo, spazza via in un attimo.

Mi sveglio come in un incubo: eppure ieri c’era il sole sui verdi monti dell’Appennino Dauno, l’altro ieri il riflesso del mare sulle spiagge del Gargano mi accecava. Forse troppo, sarà per questo che non vedo nulla… E invece no, se non vedo il sole è perché non c’è. Se stanotte sono riuscito a chiudere occhio è perché fuori ci sono 14° invece dei 28° della sera prima. Se oggi riuscirò a riprendere il lavoro è perché con 17°, invece di 42°, non sembra neanche estate.

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Realizzo solo adesso di essere tornato in Germania, nella città dove vivo, perché ieri sera ero troppo stanco per pensarci; anche la pioggia che mi ha accolto appena sceso dall’aereo, intorno alle 23, mi sembrava più una doccia rinfrescante che un temporale autunnale… Come si può pensare ad un temporale autunnale il 9 di agosto?
Il mio corpo sa che è tempo di ricominciare, la mia testa però temporeggia: un messaggio su whatsapp agli amici per raccontare del freddo che fa, uno a mamma per dirle che è tutto apposto, uno a mio fratello per chiedergli com’è andato il colloquio di lavoro ieri (un barlume di speranza in una terra complicata), ma alla fine è il momento di andare. Apro la porta, la richiudo dietro di me e mi incammino, ma duro pochi passi: ho scordato il giubbotto e l’ombrello prima di uscire, non posso ancora credere di averne bisogno.
Devo farmi forza, mi lascio tutto dietro le spalle e mi dirigo verso l’ufficio. Il mio umore è grigio, come il cielo. Non lo sarà ancora per molto: vibra il telefono, è il mio migliore amico che mi risponde con i versi di una canzone: “Piange il sole perché non ci sono io con te, ma se tu vorrai tornerà anche lui su di te”. Non credo che la canzone si adatti ad un rapporto di amicizia, è una canzone d’amore, tuttavia sortisce l’effetto sperato: il cielo è sempre grigio, la pioggia aumenta, ma il mio cuore adesso è caldo e la nostalgia sparisce. Mi sento come a casa, mi sento di nuovo me stesso. Il sole ha smesso di piangere ed è tornato su di me.

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Belle riflessioni. Come Ulisse, ognuno ha la propria Itaca

Le radici hanno questa forza di attrazione che non si può combattere, ma va assecondata di tanto in tanto e ci dona sprazzi di serenità e tuffi nel passato, ricordi di momenti belli e brutti che ci hanno condotto ad essere chi siamo

Bello 😊. Eh già..

Spesso non c'è posto più noioso di casa (i genitori che scocciano, i luoghi quasi sempre uguali, sempre la solita gente...), ma è quello dove si torna sempre volentieri. È un'attrazione atavica :)

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